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La sindrome da alienazione genitoriale


Diverse associazioni hanno eletto il 25 aprile come giorno dedicato alla sensibilizzazione sugli effetti che l'alienazione genitoriale comporterebbe nei confronti dei bambini e dei genitori “alienati”. L’idea è partita da una donna canadese e già diversi Paesi nel mondo hanno seguito l’esempio.

Ma cos’è la sindrome da alienazione genitoriale?

E perché ne sentiamo molto parlare anche in Italia negli ultimi mesi?


La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (spesso abbreviata in PAS, Parental Alienation Syndrome) è una dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie del medico statunitense Richard Gardner, si attiverebbe sui figli minori coinvolti sia in contesti conflittuali di separazione e divorzio dei genitori sia in contesti di presunta violenza intradomestica.

Secondo Gardner questa sindrome sarebbe il risultato di una sorte di programmazione dei figli da parte di uno dei due genitori (definito “genitore alienante”) che porta i figli a dimostrare astio e rifiuto verso l’altro genitore (definito “genitore alienato”): un incitamento ad allontanarsi da uno dei due genitori, portato avanti intenzionalmente dall’altro genitore attraverso l’uso di espressioni denigratorie, accuse e costruzioni non reali di situazioni familiari.

Dalla sua proposizione oltre trent’anni fa, la PAS è tutt’ora oggetto di dibattito ed esame in ambito tanto scientifico quanto giuridico: essa non ha trovato riconoscimento come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica e legale internazionale, non è mai entrata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (Dsm) e, a livello giurisprudenziale, sino ad ora non era stata presa in considerazione se non in alcune sentenze del 2010 e del 2011 pronunciate dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo.


In arrivo il riconoscimento istituzionale?

L'Italia ad oggi non ha alcuna legislazione specifica in materia di alienazione genitoriale, in ragione proprio del fatto che anche l’Istituto superiore della sanità sino ad ora si è allineato alle osservazioni della comunità scientifica internazionale non ritenendo definibile la PAS come una patologia e, dunque, non inserendola tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici. Anche la giurisprudenza italiana sull’argomento è scarna: la Suprema Corte di Cassazione italiana s'è pronunciata appena in due casi.


Tuttavia negli ultimi mesi, e più nello specifico dalla presentazione in Commissione Giustizia del Senato del disegno di legge n. 735 (anche noto come D.d.L. Pillon), l’argomento ha trovato nuovo impulso.

Il disegno di legge, composto di 24 articoli, introduce una serie di modifiche in materia di diritto di famiglia, separazione e affido condiviso dei minori alimentando un dibattito pubblico ancora non composto. Tra i punti di riforma principali, il D.d.l. n. 735 si propone proprio di contrastare la cosiddetta “alienazione parentale” o “alienazione genitoriale”. Nella scheda di presentazione del disegno al Senato, infatti, si legge che «nelle situazioni di crisi familiare il diritto del minore ad avere entrambi i genitori finisce frequentemente violato con la concreta esclusione di uno dei genitori (il più delle volte il padre) dalla vita dei figli e con il contestuale eccessivo rafforzamento del ruolo dell’altro genitore».

Il progetto che porta il nome del senatore leghista, per le situazioni in cui il minore manifesta segni di alienazione, introduce la possibilità per il giudice di adottare provvedimenti d’urgenza quali limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale, inversione della residenza abituale del figlio minore presso l’altro genitore e anche il collocamento provvisorio del minore presso apposita struttura specializzata (artt. 17 e 18).

Non solo, è anche prevista la possibilità che il giudice punisca il genitore ritenuto responsabile di «manipolazioni psichiche» o di «atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento» con la decadenza della responsabilità genitoriale o con il pagamento di un risarcimento danni (art. 9).

Il disegno presentato dal senatore Pillon nel suo complesso, e dunque non solo per la riforma relativa all’istituzionalizzazione del fenomeno dell’alienazione parentale, è stato molto criticato e considerato addirittura da rifiutare in toto e, tanto, sia da parte delle associazioni che si occupano di famiglia e minori, quanto da giuristi e psicologi, dai centri antiviolenza ed anche dalle due relatrici dell’ONU sulla violenza e la discriminazione contro le donne, che lo scorso 22 ottobre hanno scritto una lettera preoccupata al governo italiano.


In conclusione, le critiche elevate al progetto di riforma ritengono che l’alienazione parentale sia istituzionalizzata in nome di una bigenitorialità “a tutti i costi”, la quale, si è detto, rischia di portare alla confusione tra le situazioni di violenza e quelle di “normale” conflitto interno a una coppia che si sta separando, alla inevitabile colpevolizzazione di uno dei due genitori quale soggetto responsabile e, di fatto, non protegge i veri soggetti deboli, ossia i bambini che assistono ai maltrattamenti.

Il disegno di legge, come lo stesso termine suggerisce, ad oggi è rimasto tale e ad onor del vero non paiono esserci le basi – anche politiche – per la sua trasfusione in legge. Tuttavia, ad esso non può negarsi il fatto di aver riportato all’attenzione pubblica un fenomeno reale e frequente, quello dell’alienazione parentale, al quale sino ad oggi né legislatore né giurisprudenza hanno dato voce.


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