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Cervello e cambio di stagione: le funzioni cerebrali sono influenzate dal calendario?



I vari periodi dell’anno si accompagnano a significative trasformazioni nella temperatura dell’aria, nella quantità di luce naturale, nelle piante in fiore, nei cibi disponibili, nella quantita’ di attività fisica, nei livelli ormonali e di vitamina D . E’ noto da tempo che la stagionalità influenza sia il funzionamento del corpo (pressione sanguigna, colesterolo,metabolismo, sistema immunitario) sia il comportamento (suicidi, concepimenti) che l’umore. Perfino una parte del genoma si esprime diversamente al cambiare delle stagioni, così come varia nel corso dell’anno il livello di alcuni neurotrasmettitori (la serotonina in particolare); infine si modifica anche il modo di percepire i colori.


Ma le funzioni cerebrali risentono del calendario? Nonostante le prestazioni cognitive risultino globalmente stabili durante l’anno, si evidenzia una differente attivazione delle aree cerebrali durante lo svolgimento delle stesse operazioni cognitive nel corso delle diverse stagioni. Molte le aree interessate in queste differenze, tra cui il talamo, l'amigdala, l'ippocampo.


Cosa si rileva nel dettaglio? In particolare si osservano specifici pattern di attivazione attentiva che aumenta in estate, per poi ridursi durante l'inverno. Mentre per quanto la memoria si registra un picco di attività cerebrale in autunno, a cui segue un calo in primavera.


Cosa significa questo risultato? Il cervello adatta il suo livello di efficienza a seconda del periodo dell'anno, modulando l’utilizzo delle proprie risorse. Questo fenomeno deve essere preso in seria considerazione nell’attribuire un corretto significato alle defaillance cognitive, arrivando a stimolare e supportare correttamente la persona nei diversi periodi dell’anno.


Conseguenze nell’invecchiamento Gli studi dimostrano che anche considerando gli effetti di fattori come sonno, depressione e attività fisica, si osserva una significativa associazione tra efficienza mentale e stagionalità. I partecipanti presentavano infatti una probabilità maggiore di circa il 30% di soddisfare i criteri per la diagnosi di decadimento cognitivo lieve (MCI) e demenza durante l’inverno e la primavera rispetto all’estate e all’autunno. Tale associazione riguardava pazienti con patologia conclamata (demenza di Alzheimer), nei quali si riscontrava una differenza di quattro anni nella cognizione.

Se anche tu osservi difficoltà legate al cambio di stagione contattaci per una valutazione, imposteremo il programma d’intervento più adatto alle tue esigenze.


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