Bambine e bambini che hanno paura dei fantasmi o del buio, hanno difficoltà a lanciarsi in situazioni nuove, hanno l’ansia di sbagliare o di rimanere da soli, hanno paura di andare a scuola, migrano nel lettone dei genitori, sono spesso agitati, timidi, nervosi, iperattivi, goffi, impacciati, rigidi.
In questi casi spesso i genitori rischiano di sprofondare nella frustrazione e di sentirsi impotenti quando le loro rassicurazioni non funzionano.
Affrontare le paure dei bambini con rassicurazioni razionali non è il modo più efficace, perché la paura ha una sua logica che di razionale ha ben poco. Come si fa quindi a sviluppare nel bambino il senso di sicurezza, fiducia e protezione?
Cosa prova un bambino che ha una paura costante?
Preoccupazioni frequenti e pensieri pessimistici (es. “E se succede qualcosa di brutto?”; “E se resto da solo?”; “ E se la maestra si arrabbia?”;…)
Paura di lanciarsi in cose nuove, di rischiare, di provare emozioni forti quando una routine cambia.
Emozioni frequenti di allarme, apprensione, panico, sentirsi sempre in guardia.
Battito cardiaco accelerato, respiro alto, muscoli tesi, crampi allo stomaco, sudorazione alle mani.
Timidezza, indecisione, perfezionismo, tentativo di avere il controllo assoluto sulle situazioni.
Possibili tic nervosi: es. mangiarsi le unghie, leccarsi continuamente le labbra, sbattere gli occhi.
Paura di cose specifiche (reali o immaginarie) come i cani, gli insetti o i fantasmi.
Cosa succede a questi bambini?
La paura è un’emozione naturale della crescita, che si accentua soprattutto tra i 4 e i 6 anni, poichè in questa fase si sviluppano il pensiero e l’immaginazione del bambino, dando vita a molte fantasie. Ecco allora che possono comparire terribili mostri e fantasmi negli armadi, sotto al letto, dietro alla tenda o nel sottoscala.
Ma, oltre alla normale paura che riguarda tutti i bambini, ne esiste un’altra, molto più invasiva e costante: per alcuni bambini ansie e paure diventano il modo normale di stare al mondo. Questi bambini non sanno cosa sia la tranquillità, quella sensazione che le cose stiano andando bene, non hanno mai conosciuto la sensazione di potersi affidare a un mondo accogliente che protegge. In questo stato ansioso costante il mondo viene percepito come enorme, minaccioso e pericoloso.
Questa sensazione è presente anche in molti adulti che soffrono di ansia cronica: sono particolarmente sensibili alle vicende della vita quotidiana, si stressano facilmente di fronte a situazioni che risulterebbero innocue per altri, si focalizzano sugli aspetti negativi e li ingigantiscono, tendono a rimandare o evitare gli impegni piuttosto che affrontarli, hanno una bassa autostima, preferiscono chiudersi rispetto al mondo circostante per mantenere la loro tranquillità.
Da dove nasce questa sensazione di “non-protezione”?
Usando una metafora della psicoterapeuta Margot Sunderland, potremmo dire che ogni bambino, quando nasce, si ritrova in un mondo fatto di “giganti”. Dipende da loro in tutto, e acquisisce una graduale autonomia nel corso di molti anni. Quando tutto procede bene il bambino impara che i giganti mamma e papà lo possono aiutare, sostenere e consolare quando ci sono pericoli e difficoltà: i genitori rappresentano un rifugio sicuro in cui ripararsi quando nel mondo esterno c’è qualcosa che fa paura. Ma può anche succedere che le cose non funzionino per il meglio, ed allora il bambino impara che il genitore, invece di essere una protezione, è una fonte di ansia e di stress.
Quando la disciplina ha un prezzo troppo alto: la paura costante
Si sente spesso dire: “Uno schiaffo ogni tanto serve a mettere in riga mio figlio, a me non ha mai fatto male”. Alcuni genitori usano metodi educativi che, se di fatto fermano i bambini in alcuni comportamenti, ci riescono a un prezzo troppo alto. Oltre alle punizioni fisiche pensiamo ad alcuni dei più comuni metodi per educare i bambini, usati per decenni: fulminare con lo sguardo per far vergognare, zittire, criticare, urlare con rabbia, offendere, minacciare, incombere fisicamente, umiliare di fronte ad altri.
Molti di questi comportamenti vengono considerati assolutamente normali, educativi e messi in atto per una buona causa. Molti genitori spesso non sono consapevoli che, anche quando verbalmente vogliono dire una cosa, con la comunicazione del corpo ne trasmettono un’altra, incutendo paura e ansia nel bambino.
Ovviamente anche al miglior genitore del mondo capita di sgridare il proprio bambino ogni tanto, ma ciò che conta è anche quello che succede dopo: se si vede che il bambino è visibilmente disperato e in angoscia cosa facciamo? Lo ignoriamo o cerchiamo di consolarlo e di riparare la relazione? Questo in psicologia viene chiamato “riparazione interattiva”. Sperimentare con successo le riparazioni del contatto affettivo, e la conseguente trasformazione delle emozioni negative in positive, grazie a un adulto, aiuta il bambino a svilupparsi in modo sano, ad avere fiducia nelle relazioni e a percepire il mondo come un ambiente accogliente.
Un’amigdala troppo sensibile
Se un bambino si trova ripetutamente a vivere esperienze che lo spaventano può sviluppare un’amigdala ipersensibile, quella parte del cervello che si attiva quando c’è un pericolo, rilasciando nel corpo gli ormoni dello stress per preparare il corpo all’attacco o alla fuga. L’amigdala è un sistema di allarme tanto efficace per la sopravvivenza quanto impreciso, che funziona secondo la logica “meglio allarmarsi per qualcosa di innocuo che lasciarci le penne”. Se le esperienze di paura sono frequenti l’amigdala verrà allenata ad essere molto più sensibile del necessario, creando uno stato di stress e ansia costanti. Questa ipersensibilità potrebbe durare fino all’età adulta, a meno che non si intervenga modificando la situazione e le capacità del bambino di fronteggiare lo stress.
Alcuni consigli pratici per aiutare un bambino ansioso
Quando i bambini sono ansiosi, vedono il mondo attraverso il filtro del pericolo: tutto quindi sembra minaccioso. Se un bambino è spaventato, il genitore può aiutarlo a vedere il mondo in modo diverso, può infondere sicurezza, proteggere e suggerire alcuni modi per tenere alla larga i pensieri ansiosi. Come si fa?
Mostrare empatia, attenzione e ascolto: ascoltare e accettare lo stato d’animo del bambino è il primo passo per poterlo incoraggiare ad affrontare ciò che lo spaventa. Non cerchiamo di sminuire o ridicolizzare le sue paure e, di conseguenza, il suo stato d’animo. Ascoltare ciò che il bambino ha da dire lo farà sentire capito, si sentirà convalidato nelle sue emozioni e sarà più propenso ad accogliere le nostre rassicurazioni.
Far passare la paura: i bambini particolarmente ansiosi vivono in un perenne stato di allerta (con pensieri del tipo: “E se succede qualcosa di brutto? E se gli altri non vogliono giocare con me?”), e non si accorgono dei segnali di scampato pericolo (Alla fine è andato tutto bene, non è successo niente di brutto), quindi non riescono a scrollarsi di dosso la paura e hanno difficoltà a calmarsi. Lawrence Cohen, psicoterapeuta suggerisce di ricorrere alla metafora della “fiamma delle emozioni”, spiegando che ogni emozione (la fiamma) inizia con una scintilla, che può essere un pensiero o un evento. L’acqua è qualsiasi cosa in grado di raffreddare l’emozione: contare fino a dieci, respirare profondamente, pensare a qualcosa di diverso, saltare o disegnare, fare un’attività piacevole.
Creare l’alleanza: quando il bambino ha paura di affrontare situazioni e persone nuove, lanciarlo nella mischia sperando che possa imparare da solo non è la soluzione migliore. I bambini ansiosi hanno bisogno di un “alleato amorevole” che non gli neghi la sua presenza prima di trovare il coraggio di “lanciarsi”. Frasi del tipo “Non fare il fifone”, “Dai che ormai sei grande”, non aiutano il bambino a superare la sua paura e a sviluppare la fiducia in se stesso. Meglio dire “Ti terrò per mano tutto il tempo che vuoi, fino a quando sarai pronto”.
Non allarmare senza dare soluzioni: alcuni genitori, senza rendersene conto, spaventano i bambini, per esempio sul correre in mezzo alla strada o sui rapitori, e poi si stupiscono se hanno paura di attraversare la strada o di rimanere a casa con una babysitter. La cosa importante quando si condivide un pericolo è assicurarsi di condividere anche le soluzioni per gestirlo.
Fare giochi paurosi e divertenti: audacia e coraggio si possono sviluppare attraverso i giochi fisici scalmanati, come la battaglia di cuscini o un incontro di lotta con mamma e papà. Sono esperienze divertenti, sicure e un po’ “spaventose”, quel tanto che basta per essere eccitanti ma in tutta sicurezza. Così facciamo sperimentare al bambino che la vita può essere, allo stesso tempo, spaventosa, sicura e divertente. Ovviamente, lasciate che a vincere siano loro, così i bambini si sentono fisicamente ed emotivamente forti e acquisiscono sicurezza in loro stessi.
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