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RISARCIMENTO AL CONIUGE TRADITO? Sì MA SERVE LA PROVA DEL DANNO


Avv. Giulia Valveri



Una recentissima sentenza del Tribunale di Reggio Emilia torna a pronunciarsi sulla questione della risarcibilità del danno derivante da violazione dell’obbligo di fedeltà matrimoniale (art. 143 c.c.) anche in assenza di addebito della separazione.


Come noto, negli anni la giurisprudenza – sia di merito che di legittimità – si è soffermata più volte sulle conseguenze dell’infedeltà nei rapporti coniugali, prima tra tutte quella della addebitabilità della separazione al coniuge responsabile della violazione quando via sia la prova che l’adulterio sia stato la causa della crisi coniugale e, dunque, della separazione.


Non solo.

Già una decina di anni fa (Cass. Civ. sent. n. 18853/2011) la Suprema Corte aveva aperto la strada alla risarcibilità del danno subito dal coniuge tradito anche quando la separazione sia consensuale e, quindi, senza addebito. Il risarcimento, così stabiliscono i giudici, spetta al coniuge che dimostri di aver subito una "lesione di un diritto costituzionalmente garantito", come nel caso in cui ad esempio si dimostri che il tradimento "per le sue modalità e in relazione alla specificità della fattispecie, abbia dato luogo a lesione della salute del coniuge".

In sostanza perché venga riconosciuto e ristorato il danno non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.) occorre che il tradimento "abbia trasmodato in comportamenti che, oltrepassando i limiti dell'offesa di per sé insita nella violazione dell'obbligo in questione" e "si siano concretizzati in atti specificamente lesivi della dignità della persona, costituente bene costituzionalmente protetto" (sempre Cass. Civ. n. 18853/2011).


Tanto, in ogni caso, vale solo nel caso di illeciti endofamiliari, ossia quando i comportamenti sono tenuti da persone legate da vincoli familiari (coniugio), essendo invece quelle stesse condotte prive dell’elemento della illiceità sul piano giuridico quando poste in essere da persone non legate da tali vincoli.

Alle stesse conclusioni è arrivato di recente anche il Tribunale di Reggio Emilia che nella sentenza del 24 giugno 2020 (n. 558) nega il diritto al risarcimento del danno (non patrimoniale e di natura endofamiliare) al marito tradito perché non era stato in grado di provare in giudizio l’effettiva violazione del diritto fondamentale di rango costituzionale, quale la dignità della persona, né che la violazione fosse di particolare gravità, essendo posta in essere con modalità insultante, ingiuriosa ed offensiva (condizioni per la risarcibilità richieste anche da Cass. Civ,. sent. n. 6598/2019).

In conclusione, non è la sola violazione dell’obbligo di fedeltà matrimoniale, ossia la circostanza del tradimento o della esistenza di una relazione extra coniugale, a fondare di per sé una domanda di risarcimento del danno ex art. 2059 c.c. ma occorre la prova della sussistenza di un danno alla persona e la sua incisione con gravità particolare.



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