Un bambino, per crescere, ha bisogno di essere guidato dagli adulti e avere dei punti di riferimento che gli permettano di imparare progressivamente come muoversi nel mondo. Tali punti di riferimento sono costituiti anche da regole e limiti che delimitano il suo spazio d’azione, tracciando un confine sicuro e protetto entro cui muoversi senza doversi preoccupare.
Immaginiamo gli argini di un fiume: se l’acqua ha un letto ampio in cui scorrere arriverà al mare senza intoppi. Se il letto non ha degli argini abbastanza stretti da favorire il flusso, l’acqua ristagna e si forma una palude. D’altra parte se il letto è troppo stretto rispetto alla portata dell’acqua, questa esonda provocando disastri.
Secondo le neuroscienze, i bambini che crescono in famiglie con un buon sistema di regole crescono più tranquilli e sereni e il loro cervello funziona meglio perché produce gli ormoni della calma e del benessere (ossitocina, serotonina, dopamina). Nei bambini cresciuti in un sistema con poche regole e punti di riferimento prevale invece la produzione di cortisolo, l'ormone dello stress e dell'ansia, poiché il bambino è costretto a badare a se stesso troppo precocemente e a prendere decisioni che non gli competono rispetto all’età.
Inoltre i bambini abituati fin da piccoli a regole e impegni, ad aspettare e rispettare, diventeranno adulti più sereni e sicuri, più capaci appunto di autoregolarsi da soli nelle varie situazioni.
L’autoregolazione, ossia la capacità di parlarsi in modo da darsi delle autoistruzioni con un dialogo interno, viene progressivamente costruita anche grazie all’interiorizzazione delle regole date dagli adulti, come se i dialoghi esterni ripetuti nel tempo andassero a imprimere una forma alla modalità di pensiero che regola il comportamento.
Regole e limiti sono quindi qualcosa di positivo, importante, una guida per il bambino. Allora perché spesso è così difficile farli rispettare? Quali sono le regole per dare delle buone regole?
Cosa sono i limiti e le regole?
Definiamo innanzitutto cosa si intende per limiti e regole:
Limiti: porre un limite ha a che fare con il fermare il bambino nelle situazioni in cui per qualche motivo non è possibile andare oltre. I motivi possono riguardare:
La protezione dai pericoli fisici (puoi andare fino al cancello, perché fuori c’è la strada e passano le macchine)
La protezione della salute (adesso basta correre, sei troppo stanco, ci fermiamo e ci riposiamo un po’)
Le possibilità di scelta (cosa vuoi fare? Ci sono queste opzioni possibili, non infinite)
I limiti hanno essenzialmente una funzione protettiva e di cura del bambino, gli fanno sentire che c’è una persona adulta che sa di cosa ha bisogno per stare bene, e lui non deve preoccuparsi di proteggersi da solo o di sapere cosa deve fare per la sua salute fisica.
Anche dare un limite nelle scelte possibili è da considerarsi un aiuto educativo per i bambini, in quanto li aiuta a non fare confusione e a non “perdersi” in un mare di possibilità che non sarebbero in grado di gestire.
Ovviamente ogni limite per essere efficace e positivo deve essere rapportato all’età e alle capacità del bambino, altrimenti può sortire un effetto “bloccante”. Pensiamo ad esempio quando un genitore un po’ ansioso, per evitare che il bambino si faccia male, gli impedisce di sperimentare alcune attività, considerate eccessivamente pericolose.
Trovare il “giusto limite” non è cosa semplice, e molto è lasciato alla soggettività del genitore nello stabilire questi confini. Ecco perché come adulti è importante conoscersi ed essere consapevoli che la percezione di alcune situazioni (eccesso di pericolo così come il suo contrario) è influenzata anche dalle nostre esperienze personali.
Regole: sono prescrizioni su ciò che si deve fare in determinate situazioni o attività allo scopo di far funzionare le cose all’interno di un gruppo. Le regole hanno quindi a che fare con le relazioni e hanno l’obiettivo di promuovere il benessere di tutti, attraverso dei compromessi fra i bisogni individuali. Ogni famiglia possiede un proprio sistema di regole per far funzionare le cose al suo interno, a seconda dei propri valori, del proprio stile educativo, dei propri bisogni. Accettare di rispettare delle regole è quindi strettamente collegato al sentirsi parte di un gruppo oppure no, poiché il fine è quello del benessere dell’intero sistema. All’interno di questa categoria rientrano anche tutte le routine che caratterizzano la quotidianità della famiglia: a che ora ci si alza e si va a letto, a che ora ci si mette a tavola, quanto si può guardare la tv, eccetera.
La famiglia rappresenta il primo “contenitore sociale” in cui sono presenti delle regole, ma progressivamente il bambino viene a contatto anche con altri sistemi sociali, con regole proprie: la scuola, lo sport, il gruppo scout, fino ad arrivare in età adulta all’azienda in cui si lavora, e in senso più allargato allo Stato stesso con le sue leggi. Vivere bene dentro a tutti questi contenitori implica l’aver maturato la capacità di Essere Contenuti (un’esperienza di base fondamentale secondo la Psicologia Funzionale), il sentire che le regole non sono un impedimento ma piuttosto un aiuto a vivere bene e serenamente dentro a un sistema sociale, che richiede compromessi.
Quando stare dentro a un sistema di regole diventa difficile?
L’eterna lotta tutta umana fra la libertà individuale e il benessere della comunità ha radici antiche, e ha aperto dibattiti etici e filosofici all’interno di ogni epoca e cultura. Ma aldilà delle dinamiche sociali, in cui le variabili in gioco sono complesse, vediamo cosa succede a livello psicologico in età evolutiva.
Secondo la Psicologia Funzionale un contenitore educativo troppo stretto e rigido o al contrario un contenitore assente, possono creare un’alterazione sull’esperienza di base dell’Essere Contenuti: sentirsi insofferenti dentro a un sistema implica principalmente che alcuni dei nostri bisogni fondamentali non sono stati soddisfatti, e ciò può avvenire per motivi diversi.
Contenitori troppo stretti o troppo larghi: l’eccesso e l’assenza di regole
Un ambiente educativamente molto rigido (stare zitti, stare composti, rimproveri frequenti per lo scarso autocontrollo, eccessiva richiesta di ordine) espone il bambino a frustrazioni e fallimenti continui, con conseguente accumulo di rabbia, senso di ingiustizia e desiderio di ribellione al sistema. Un sistema di questo tipo è solitamente poco empatico e attento nei confronti dei bisogni del bambino e del suo benessere emotivo. Spesso le richieste sono eccessive rispetto alle capacità e c’è poca valorizzazione: il dovere viene dato per scontato, mentre l’infrazione viene sempre sottolineata. Gli schemi educativi seguono una modalità sempre uguale e insistente, diventando rigidi e poco vari.
Un ambiente educativamente poco regolamentato, o che lascia molto spazio decisionale al bambino anche su questioni che non gli competono (es. Vuoi andare dalla baby-sitter? Stasera andiamo al ristorante o stiamo a casa? Andiamo in montagna oppure no?) di fatto crea una mancanza di guida e punti di riferimento. Farsi guidare dalle scelte del bambino è più frequente di quanto si pensi, ma non ha nulla a che fare con il seguire i suoi reali bisogni. Un bambino che fa molte richieste materiali, ad esempio, non ha davvero bisogno di quelle cose. Andare oltre la richiesta letterale di un bambino e capire il vero bisogno non è sempre facile per un genitore. Molto spesso dietro la richiesta sfrenata di regali si cela esattamente il bisogno opposto: “mamma, papà, per favore fermatemi, ho bisogno che mi diate un limite”. Sentire “il limite” è infatti un bisogno fondamentale per un bambino, perché gli dà sicurezza. Sentire di essere onnipotenti, avere più potere di mamma e papà, se da un lato può far sentire forti, dall’altro fa sentire tremendamente fragili: “se io sono più potente di mamma e papà chi può proteggermi e guidarmi? Io lo so di essere un bambino in fondo”.
Quali sono quindi le regole per dare delle buone regole?
Le regole devono avere senso in base all’età del bambino e alle sue capacità.
Le regole devono essere chiare e concrete, specialmente per i bambini più piccoli. Un generico “bisogna comportarsi bene” può non essere così comprensibile per un bambino, perché include tacitamente tutta una serie di comportamenti che l’adulto dà per scontati. Meglio specificare cosa intendiamo: “si parla a voce bassa”, “non si tirano le sberle”. In alcuni casi in cui c’è una specifica difficoltà di autoregolazione (bambini con iperattività, difficoltà di attenzione, impulsività), è utile non utilizzare regole “al negativo”, ossia “non si urla”, “non correre”, e sostituirle con ciò che il bambino dovrebbe fare: “parla piano”, “cammina più lentamente”. Questo perché l’istruzione in positivo (con bambini che fanno fatica a inibire un’azione) garantisce velocemente un’immagine mentale su come comportarsi. Immaginiamoci di trovarci su una rotonda in cui i segnali stradali indicano: “per Milano non si va di qua”, “per Venezia non si va neppure di qua”. Diventerebbe complicata la comprensione dell' azione corretta da mettere in atto
Le regole devono essere portate fino in fondo: alcuni genitori danno le regole ma poi non le fanno rispettare. Immaginiamo un bambino davanti all’i-pad all’ora di cena: il papà lo richiama “ora si spegne l’i-pad e si viene a tavola”, ma il bambino fa finta di non aver sentito e continua con il suo gioco. Viene richiamato ancora ma senza risultati. Allora il papà rinuncia e aspetta che il bambino venga quando decide lui. In questo esempio la regola perde il suo valore, così come l’autorità del genitore, e passa l’idea che le regole siano qualcosa di cui si può fare a meno. Portare fino in fondo le regole non significa essere sempre inflessibili, ad esempio una regola può essere momentaneamente sospesa in occasione di una festività, ma bisogna spiegare chiaramente al bambino che si tratta di una situazione eccezionale.
Le regole devono essere coerenti con il comportamento degli adulti: i genitori devono dare il buon esempio, poiché l’imitazione è la maggiore fonte di apprendimento per un bambino. Anche noi adulti, quindi, dobbiamo rispettare le regole che abbiamo imposto in famiglia. Ovviamente alcune regole sono valide per tutti (es. non si urla), mentre altre sono diverse in base, ad esempio, all’età (gli adulti non vanno a letto allo stesso orario dei piccoli), e se il bambino chiede spiegazioni gli si può spiegare come funziona.
Le regole devono essere condivise e stabili: le regole, all’interno dello stesso contesto, non dovrebbero cambiare in base a chi le dà (la mamma o il papà) o in base all’umore del momento dell’adulto, altrimenti invece di creare calma e rassicurazione avviene l’effetto contrario e il bambino si sentirà confuso e non in grado di prevedere cosa succederà.
Le regole devono considerare i bisogni fondamentali del bambino: capire i bisogni di un bambino, come accennato precedentemente, non ha sempre a che fare con la soddisfazione delle richieste verbali che fa (es. “voglio sempre magiare gelato per pranzo”), ma piuttosto con ciò di cui ha bisogno per stare bene fisicamente ed emotivamente. Essere in contatto empatico con il proprio bambino e imparare a “sentire” ciò di cui ha bisogno può non essere sempre semplice per un genitore, ma è una capacità che può essere allenata e progressivamente migliorata. Un bambino non è sempre consapevole dei propri bisogni e necessita della guida consapevole e sensibile dell' adulto, che lo aiuti a imparare come conoscersi e muoversi nel mondo.
Può spesso accadere che il genitore, pur essendo un bravissimo genitore, faccia fatica, per svariati motivi (tra cui ad esempio mancanza di tempo, prima esperienza di genitorialità, iperattività o carattere del bambino) a trovare sempre la modalità più funzionante o la "giusta misura" per il proprio figlio, e a fargli rispettare le regole, con conseguenti situazioni di stress sia per papà e mamma che per il bambino stesso.
In questi casi, assolutamente comuni, suggeriamo sempre qualche colloquio o un breve percorso "istruttivo" con gli esperti dell' etá evolutiva, che allenano il bambino ai corretti limiti e regole, e mostrano ai genitori alcune strategie utili da applicare a casa.
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